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Categoria: Storia di Patti
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Tindari

Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Decumani e cardini dividevano tre o quattro serie di isolati ( insulae), tutti identici fra di lor, allungati sul pendio .Ciascuna delle insulae era formata da più abitazioni in terrazze a livello diverso e svolgentisi intorno ad atri e peristili. Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

 

Il Teatro

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'Anfiteatro, trasformandone l’orchestra in un’area circolare, parzialmente circondata da corridoi di servizio mediante l’abbassamento del suolo e il sacrificio degli ultimi gradini. Si ottenne così un alto podio all’intono, per proteggere gli spettatori dai pericoli dei “ludi gladiatorii” e delle “venationes”. Si conservano però al margine dell’arena le fondazioni della scena greca, con tre porte e fiancheggiata dai due paraskenia, le quali indicano il livello dell’orchestra originaria. Di questa scena furuno trovati, negli scavi eseguiti alla metà del sec. XIX, numerosi elementi ( ora sistemati sotto la tettoia del cortiletto retrostante al Museo).

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939.

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

 

La Basilica

Percorrendo in senso opposto il decumano superiore si giunge a un singolare monumento, il cosiddetto Ginnasio, più propriamente però una Basilica o sala di riunione. Eretta in età tardo -imperiale, era a tre pian, di cui solo quello inferiore in gran parte conservato. Questo è costituito da una sola ampia navata con copertura formata da una serie di 9 archi trasversali, con volte intermedie in calcestruzzo. Gli archi costituenti le due fronti erano più bassi  di quelli all’interno, i quali aggettavano dal muro. Dell’edificio si conserva quasi tutto il lungo muro a monte fino alla prima cornice, con uno degli archi e un breve tratto del muro a valle, il quale era in massima parte crollato e si era adagiato sul sottostante pendio. Nel 1956 fu risollevato e si ricostruì anche l’arco di facciata, di cui restava in piedi solo lo stipite a monte. Lo scavo eseguito nel pendio fece recuperare moltissimi elementi dell’elevato. La Basilica era fiancheggiata su entrambi i lati da due strade a cielo aperto, le quali sboccavano sull’agorà ( Foro) attraverso due fornici, che facevano da corpo con la facciata della Basilica stessa. Simmetricamente, al di là dei due fornici, hanno inizio due scale, le quali davano accesso ai piani superiori della Basilica.

 

Edificio Termale
Segue verso monte una seconda abitazione con l’ingresso dal cardo orientale. Le stanze sono disposte intorno ad un peristilio rettangolare, con 10 colonne di ordine dorico costruite con scaglie laterizie e blocchetti e con capitelli di pietra rivestita di intonaco. Sul ripiano più elevato dell’insula si sviluppa un piccolo edificio termale, con ingresso dal cardo occidentale, costruito non prima del sec. III a.C. Si entra in un grande cortile porticato, ai due lati dell’ingresso (fauces) sono due piccoli ambienti, forse spogliatoi, con pregevoli pavimenti a mosaico; in quello a valle, toro e pilei dei Dioscuri (simbolo della città di Tindari); in quello a monte Trinacria.  L’edificio era formato da una sola serie di vani, situati per lungo a monte del cortile. A partire da Ovest abbiamo dapprima un frigidarium, la cui vasca (natatio) si protende nel cortile; bel pavimento musivo in bianco e nero: nell’ingresso, scena di lotta fra due atleti Verna e Afri ( sotto la firma del mosaicista “Agathon schiavo di Dionisio”); nel riquadro adiacente, losanga entro tondo, fiancheggiata da 4 delfini; il riquadro principale, andato in rovina, fu sostituito in tarda età con rozza pavimentazione di lastre marmoree; nell’ultimo riquadro superstite, centauro marino. La porta di comunicazione col vano successivo, tamponata in una tardiva riutilizzazione dell’edificio, dava accesso a un vano di passaggio tra gli ambienti freddi e quelli caldi, avente nel pavimento un cavallo marino. Seguono un tepidarium e un calidarium, con pavimento su ipocausti e pareti rivestite di elementi tubolari in cui circolava il vapore e l’acqua calda. Nel pavimento del primo, tondo con Dionisio e pantera sotto il tralcio di vite e satirelli ai lati di kantharoi; nel secondo motivo geometrico. In questo vano c’era anche una vasca per il bagno caldo. A fianco del tepidarium vi erano forni ( praefurnia) per il riscaldamento.

Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Decumani e cardini dividevano tre o quattro serie di isolati ( insulae), tutti identici fra di lor, allungati sul pendio .Ciascuna delle insulae era formata da più abitazioni in terrazze a livello diverso e svolgentisi intorno ad atri e peristili. Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

 

Il Teatro

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'Anfiteatro, trasformandone l’orchestra in un’area circolare, parzialmente circondata da corridoi di servizio mediante l’abbassamento del suolo e il sacrificio degli ultimi gradini. Si ottenne così un alto podio all’intono, per proteggere gli spettatori dai pericoli dei “ludi gladiatorii” e delle “venationes”. Si conservano però al margine dell’arena le fondazioni della scena greca, con tre porte e fiancheggiata dai due paraskenia, le quali indicano il livello dell’orchestra originaria. Di questa scena furuno trovati, negli scavi eseguiti alla metà del sec. XIX, numerosi elementi ( ora sistemati sotto la tettoia del cortiletto retrostante al Museo).

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939.

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

 

La Basilica

Percorrendo in senso opposto il decumano superiore si giunge a un singolare monumento, il cosiddetto Ginnasio, più propriamente però una Basilica o sala di riunione. Eretta in età tardo -imperiale, era a tre pian, di cui solo quello inferiore in gran parte conservato. Questo è costituito da una sola ampia navata con copertura formata da una serie di 9 archi trasversali, con volte intermedie in calcestruzzo. Gli archi costituenti le due fronti erano più bassi  di quelli all’interno, i quali aggettavano dal muro. Dell’edificio si conserva quasi tutto il lungo muro a monte fino alla prima cornice, con uno degli archi e un breve tratto del muro a valle, il quale era in massima parte crollato e si era adagiato sul sottostante pendio. Nel 1956 fu risollevato e si ricostruì anche l’arco di facciata, di cui restava in piedi solo lo stipite a monte. Lo scavo eseguito nel pendio fece recuperare moltissimi elementi dell’elevato. La Basilica era fiancheggiata su entrambi i lati da due strade a cielo aperto, le quali sboccavano sull’agorà ( Foro) attraverso due fornici, che facevano da corpo con la facciata della Basilica stessa. Simmetricamente, al di là dei due fornici, hanno inizio due scale, le quali davano accesso ai piani superiori della Basilica.

 

Edificio Termale
Segue verso monte una seconda abitazione con l’ingresso dal cardo orientale. Le stanze sono disposte intorno ad un peristilio rettangolare, con 10 colonne di ordine dorico costruite con scaglie laterizie e blocchetti e con capitelli di pietra rivestita di intonaco. Sul ripiano più elevato dell’insula si sviluppa un piccolo edificio termale, con ingresso dal cardo occidentale, costruito non prima del sec. III a.C. Si entra in un grande cortile porticato, ai due lati dell’ingresso (fauces) sono due piccoli ambienti, forse spogliatoi, con pregevoli pavimenti a mosaico; in quello a valle, toro e pilei dei Dioscuri (simbolo della città di Tindari); in quello a monte Trinacria.  L’edificio era formato da una sola serie di vani, situati per lungo a monte del cortile. A partire da Ovest abbiamo dapprima un frigidarium, la cui vasca (natatio) si protende nel cortile; bel pavimento musivo in bianco e nero: nell’ingresso, scena di lotta fra due atleti Verna e Afri ( sotto la firma del mosaicista “Agathon schiavo di Dionisio”); nel riquadro adiacente, losanga entro tondo, fiancheggiata da 4 delfini; il riquadro principale, andato in rovina, fu sostituito in tarda età con rozza pavimentazione di lastre marmoree; nell’ultimo riquadro superstite, centauro marino. La porta di comunicazione col vano successivo, tamponata in una tardiva riutilizzazione dell’edificio, dava accesso a un vano di passaggio tra gli ambienti freddi e quelli caldi, avente nel pavimento un cavallo marino. Seguono un tepidarium e un calidarium, con pavimento su ipocausti e pareti rivestite di elementi tubolari in cui circolava il vapore e l’acqua calda. Nel pavimento del primo, tondo con Dionisio e pantera sotto il tralcio di vite e satirelli ai lati di kantharoi; nel secondo motivo geometrico. In questo vano c’era anche una vasca per il bagno caldo. A fianco del tepidarium vi erano forni ( praefurnia) per il riscaldamento.

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Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Decumani e cardini dividevano tre o quattro serie di isolati ( insulae), tutti identici fra di lor, allungati sul pendio .Ciascuna delle insulae era formata da più abitazioni in terrazze a livello diverso e svolgentisi intorno ad atri e peristili. Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

 

Il Teatro

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'Anfiteatro, trasformandone l’orchestra in un’area circolare, parzialmente circondata da corridoi di servizio mediante l’abbassamento del suolo e il sacrificio degli ultimi gradini. Si ottenne così un alto podio all’intono, per proteggere gli spettatori dai pericoli dei “ludi gladiatorii” e delle “venationes”. Si conservano però al margine dell’arena le fondazioni della scena greca, con tre porte e fiancheggiata dai due paraskenia, le quali indicano il livello dell’orchestra originaria. Di questa scena furuno trovati, negli scavi eseguiti alla metà del sec. XIX, numerosi elementi ( ora sistemati sotto la tettoia del cortiletto retrostante al Museo).

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939.

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

 

La Basilica

Percorrendo in senso opposto il decumano superiore si giunge a un singolare monumento, il cosiddetto Ginnasio, più propriamente però una Basilica o sala di riunione. Eretta in età tardo -imperiale, era a tre pian, di cui solo quello inferiore in gran parte conservato. Questo è costituito da una sola ampia navata con copertura formata da una serie di 9 archi trasversali, con volte intermedie in calcestruzzo. Gli archi costituenti le due fronti erano più bassi  di quelli all’interno, i quali aggettavano dal muro. Dell’edificio si conserva quasi tutto il lungo muro a monte fino alla prima cornice, con uno degli archi e un breve tratto del muro a valle, il quale era in massima parte crollato e si era adagiato sul sottostante pendio. Nel 1956 fu risollevato e si ricostruì anche l’arco di facciata, di cui restava in piedi solo lo stipite a monte. Lo scavo eseguito nel pendio fece recuperare moltissimi elementi dell’elevato. La Basilica era fiancheggiata su entrambi i lati da due strade a cielo aperto, le quali sboccavano sull’agorà ( Foro) attraverso due fornici, che facevano da corpo con la facciata della Basilica stessa. Simmetricamente, al di là dei due fornici, hanno inizio due scale, le quali davano accesso ai piani superiori della Basilica.

 

Edificio Termale
Segue verso monte una seconda abitazione con l’ingresso dal cardo orientale. Le stanze sono disposte intorno ad un peristilio rettangolare, con 10 colonne di ordine dorico costruite con scaglie laterizie e blocchetti e con capitelli di pietra rivestita di intonaco. Sul ripiano più elevato dell’insula si sviluppa un piccolo edificio termale, con ingresso dal cardo occidentale, costruito non prima del sec. III a.C. Si entra in un grande cortile porticato, ai due lati dell’ingresso (fauces) sono due piccoli ambienti, forse spogliatoi, con pregevoli pavimenti a mosaico; in quello a valle, toro e pilei dei Dioscuri (simbolo della città di Tindari); in quello a monte Trinacria.  L’edificio era formato da una sola serie di vani, situati per lungo a monte del cortile. A partire da Ovest abbiamo dapprima un frigidarium, la cui vasca (natatio) si protende nel cortile; bel pavimento musivo in bianco e nero: nell’ingresso, scena di lotta fra due atleti Verna e Afri ( sotto la firma del mosaicista “Agathon schiavo di Dionisio”); nel riquadro adiacente, losanga entro tondo, fiancheggiata da 4 delfini; il riquadro principale, andato in rovina, fu sostituito in tarda età con rozza pavimentazione di lastre marmoree; nell’ultimo riquadro superstite, centauro marino. La porta di comunicazione col vano successivo, tamponata in una tardiva riutilizzazione dell’edificio, dava accesso a un vano di passaggio tra gli ambienti freddi e quelli caldi, avente nel pavimento un cavallo marino. Seguono un tepidarium e un calidarium, con pavimento su ipocausti e pareti rivestite di elementi tubolari in cui circolava il vapore e l’acqua calda. Nel pavimento del primo, tondo con Dionisio e pantera sotto il tralcio di vite e satirelli ai lati di kantharoi; nel secondo motivo geometrico. In questo vano c’era anche una vasca per il bagno caldo. A fianco del tepidarium vi erano forni ( praefurnia) per il riscaldamento.

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Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Decumani e cardini dividevano tre o quattro serie di isolati ( insulae), tutti identici fra di lor, allungati sul pendio .Ciascuna delle insulae era formata da più abitazioni in terrazze a livello diverso e svolgentisi intorno ad atri e peristili. Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

 

Il Teatro

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'Anfiteatro, trasformandone l’orchestra in un’area circolare, parzialmente circondata da corridoi di servizio mediante l’abbassamento del suolo e il sacrificio degli ultimi gradini. Si ottenne così un alto podio all’intono, per proteggere gli spettatori dai pericoli dei “ludi gladiatorii” e delle “venationes”. Si conservano però al margine dell’arena le fondazioni della scena greca, con tre porte e fiancheggiata dai due paraskenia, le quali indicano il livello dell’orchestra originaria. Di questa scena furuno trovati, negli scavi eseguiti alla metà del sec. XIX, numerosi elementi ( ora sistemati sotto la tettoia del cortiletto retrostante al Museo).

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939.

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

 

La Basilica

Percorrendo in senso opposto il decumano superiore si giunge a un singolare monumento, il cosiddetto Ginnasio, più propriamente però una Basilica o sala di riunione. Eretta in età tardo -imperiale, era a tre pian, di cui solo quello inferiore in gran parte conservato. Questo è costituito da una sola ampia navata con copertura formata da una serie di 9 archi trasversali, con volte intermedie in calcestruzzo. Gli archi costituenti le due fronti erano più bassi  di quelli all’interno, i quali aggettavano dal muro. Dell’edificio si conserva quasi tutto il lungo muro a monte fino alla prima cornice, con uno degli archi e un breve tratto del muro a valle, il quale era in massima parte crollato e si era adagiato sul sottostante pendio. Nel 1956 fu risollevato e si ricostruì anche l’arco di facciata, di cui restava in piedi solo lo stipite a monte. Lo scavo eseguito nel pendio fece recuperare moltissimi elementi dell’elevato. La Basilica era fiancheggiata su entrambi i lati da due strade a cielo aperto, le quali sboccavano sull’agorà ( Foro) attraverso due fornici, che facevano da corpo con la facciata della Basilica stessa. Simmetricamente, al di là dei due fornici, hanno inizio due scale, le quali davano accesso ai piani superiori della Basilica.

 

Edificio Termale
Segue verso monte una seconda abitazione con l’ingresso dal cardo orientale. Le stanze sono disposte intorno ad un peristilio rettangolare, con 10 colonne di ordine dorico costruite con scaglie laterizie e blocchetti e con capitelli di pietra rivestita di intonaco. Sul ripiano più elevato dell’insula si sviluppa un piccolo edificio termale, con ingresso dal cardo occidentale, costruito non prima del sec. III a.C. Si entra in un grande cortile porticato, ai due lati dell’ingresso (fauces) sono due piccoli ambienti, forse spogliatoi, con pregevoli pavimenti a mosaico; in quello a valle, toro e pilei dei Dioscuri (simbolo della città di Tindari); in quello a monte Trinacria.  L’edificio era formato da una sola serie di vani, situati per lungo a monte del cortile. A partire da Ovest abbiamo dapprima un frigidarium, la cui vasca (natatio) si protende nel cortile; bel pavimento musivo in bianco e nero: nell’ingresso, scena di lotta fra due atleti Verna e Afri ( sotto la firma del mosaicista “Agathon schiavo di Dionisio”); nel riquadro adiacente, losanga entro tondo, fiancheggiata da 4 delfini; il riquadro principale, andato in rovina, fu sostituito in tarda età con rozza pavimentazione di lastre marmoree; nell’ultimo riquadro superstite, centauro marino. La porta di comunicazione col vano successivo, tamponata in una tardiva riutilizzazione dell’edificio, dava accesso a un vano di passaggio tra gli ambienti freddi e quelli caldi, avente nel pavimento un cavallo marino. Seguono un tepidarium e un calidarium, con pavimento su ipocausti e pareti rivestite di elementi tubolari in cui circolava il vapore e l’acqua calda. Nel pavimento del primo, tondo con Dionisio e pantera sotto il tralcio di vite e satirelli ai lati di kantharoi; nel secondo motivo geometrico. In questo vano c’era anche una vasca per il bagno caldo. A fianco del tepidarium vi erano forni ( praefurnia) per il riscaldamento.

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Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

 

Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Decumani e cardini dividevano tre o quattro serie di isolati ( insulae), tutti identici fra di lor, allungati sul pendio .Ciascuna delle insulae era formata da più abitazioni in terrazze a livello diverso e svolgentisi intorno ad atri e peristili. Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

 

Il Teatro

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'Anfiteatro, trasformandone l’orchestra in un’area circolare, parzialmente circondata da corridoi di servizio mediante l’abbassamento del suolo e il sacrificio degli ultimi gradini. Si ottenne così un alto podio all’intono, per proteggere gli spettatori dai pericoli dei “ludi gladiatorii” e delle “venationes”. Si conservano però al margine dell’arena le fondazioni della scena greca, con tre porte e fiancheggiata dai due paraskenia, le quali indicano il livello dell’orchestra originaria. Di questa scena furuno trovati, negli scavi eseguiti alla metà del sec. XIX, numerosi elementi ( ora sistemati sotto la tettoia del cortiletto retrostante al Museo).

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939.

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

 

La Basilica

Percorrendo in senso opposto il decumano superiore si giunge a un singolare monumento, il cosiddetto Ginnasio, più propriamente però una Basilica o sala di riunione. Eretta in età tardo -imperiale, era a tre pian, di cui solo quello inferiore in gran parte conservato. Questo è costituito da una sola ampia navata con copertura formata da una serie di 9 archi trasversali, con volte intermedie in calcestruzzo. Gli archi costituenti le due fronti erano più bassi  di quelli all’interno, i quali aggettavano dal muro. Dell’edificio si conserva quasi tutto il lungo muro a monte fino alla prima cornice, con uno degli archi e un breve tratto del muro a valle, il quale era in massima parte crollato e si era adagiato sul sottostante pendio. Nel 1956 fu risollevato e si ricostruì anche l’arco di facciata, di cui restava in piedi solo lo stipite a monte. Lo scavo eseguito nel pendio fece recuperare moltissimi elementi dell’elevato. La Basilica era fiancheggiata su entrambi i lati da due strade a cielo aperto, le quali sboccavano sull’agorà ( Foro) attraverso due fornici, che facevano da corpo con la facciata della Basilica stessa. Simmetricamente, al di là dei due fornici, hanno inizio due scale, le quali davano accesso ai piani superiori della Basilica.

 

Edificio Termale
Segue verso monte una seconda abitazione con l’ingresso dal cardo orientale. Le stanze sono disposte intorno ad un peristilio rettangolare, con 10 colonne di ordine dorico costruite con scaglie laterizie e blocchetti e con capitelli di pietra rivestita di intonaco. Sul ripiano più elevato dell’insula si sviluppa un piccolo edificio termale, con ingresso dal cardo occidentale, costruito non prima del sec. III a.C. Si entra in un grande cortile porticato, ai due lati dell’ingresso (fauces) sono due piccoli ambienti, forse spogliatoi, con pregevoli pavimenti a mosaico; in quello a valle, toro e pilei dei Dioscuri (simbolo della città di Tindari); in quello a monte Trinacria.  L’edificio era formato da una sola serie di vani, situati per lungo a monte del cortile. A partire da Ovest abbiamo dapprima un frigidarium, la cui vasca (natatio) si protende nel cortile; bel pavimento musivo in bianco e nero: nell’ingresso, scena di lotta fra due atleti Verna e Afri ( sotto la firma del mosaicista “Agathon schiavo di Dionisio”); nel riquadro adiacente, losanga entro tondo, fiancheggiata da 4 delfini; il riquadro principale, andato in rovina, fu sostituito in tarda età con rozza pavimentazione di lastre marmoree; nell’ultimo riquadro superstite, centauro marino. La porta di comunicazione col vano successivo, tamponata in una tardiva riutilizzazione dell’edificio, dava accesso a un vano di passaggio tra gli ambienti freddi e quelli caldi, avente nel pavimento un cavallo marino. Seguono un tepidarium e un calidarium, con pavimento su ipocausti e pareti rivestite di elementi tubolari in cui circolava il vapore e l’acqua calda. Nel pavimento del primo, tondo con Dionisio e pantera sotto il tralcio di vite e satirelli ai lati di kantharoi; nel secondo motivo geometrico. In questo vano c’era anche una vasca per il bagno caldo. A fianco del tepidarium vi erano forni ( praefurnia) per il riscaldamento.

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