ferito nel corso di un attacco austriaco, rifiutò ogni aiuto fino a tarda sera, quando ormai quasi esamine, fu forzatamente soccorso dai commilitoni e portato via dalla prima linea. Ottenne la promozione a Capitano a soli 22 anni per meriti di guerra, ma nonostante la sua brillante carriera militare fu promosso Maggiore solo nel 1939. Ciò verosimilmente dipese sia dal suo rifiuto ad iscriversi al partito fascista sia perché il fratello Alessandro fu “venerabile” della massoneria di Messina per oltre dieci anni; era insomma un eroe di guerra politicamente scomodo. Rientrato a Patti fu presidente della locale associazione mutilati di guerra. Nel 1920, si laureò in legge e sposò Giovanna Sciacca dalla quale ebbe tre figli (Pietro, Beatrice e Letteria). Fu tesoriere dell’ordine forense di Patti, ma non esercitò mai la professione di avvocato, preferendo dedicarsi alla sua grande passione: l’agricoltura. Nell’anno 1933 gli fu conferita la Stella d’Argento “al merito rurale”. Le sue virtù nel campo agrario erano tali da sorvolare sul suo antifascismo e sul fatto che la famiglia fosse legata alla massoneria. Il Pisani rifiutò sempre gli incarichi che non fossero legati ai suoi ideali: la Patria, il miglioramento delle condizioni sociali degli uomini impiegati in agricoltura ed il progresso dell’agricoltura stessa. Nel 1941 si iscrisse al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista), ma solo per poter partecipare al secondo conflitto mondiale. Alla fine della guerra, ritenendo i Savoia “colpevoli di aver svenduto i supremi valori della patria, dando l’Italia in mano ad un manipolo di incompetenti”, al momento del referendum, scelse la Repubblica alla Monarchia. Tornato dal conflitto indebolito nel fisico, ma non nello spirito, morì a Patti il 29 aprile 1948 a soli cinquantatre anni.